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UN’ALBA DA MIA MADRE Dal balcone della mia casa, 17 marzo attorno alle sei Vito Teti
Autore:     Data: 30/04/2019  
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Data: 30/04/2008 - Anno: 14 - Numero: 1 - Pagina: 43 - INDIETRO - INDICE - AVANTI

L' IDENTIFICAZIONE

Letture: 1240               AUTORE: Ulderico Nisticò (Altri articoli dell'autore)        

(Sono sempre numerosi gli amici che ci partecipano loro poesie, e noi, quando disponiamo dello spazio necessario, le porgiamo alla lettura dei lettori: eccone alcune.)

L’IDENTIFICAZIONE

Noi identifichiamo il nostro che è simile a falco che vola
fievole amore con tronchi di quercia, se appena non lo trattieni.
come salda torre
con pietre di fiume. Crollerà, volerà, sarà spezzato
come falco e ulivo ed edificio
Noi diamo radici all’amore il nostro amore improvviso tremulo
che è come un giovane ulivo selvatico, che è assai più grande di noi
e attorno gli poniamo ripari di canne, assai più piccolo del nostro cuore,
perchè tutti i venti lo piegano. se non saremo ogni giorno vigili
sarà il nostro amore come sogno di notte
E noi anche leghiamo catene di cui rimane solo all’alba un’immagine
e ceppi a questo amore riottoso e qualche dolcezza senza memoria.

Ulderico Nisticò

MAMMA, FARFALLA CHE VOLA

Respiro seduta alla Singer,
l’odore si mette a suonare
di lana, leggendo
di lino, spartiti
di tweed colorati. su tela a ricamo.
Rivedo Farfalla che vola
la giovane madre e si sa trasformare.
che torna di corsa `E9 ora
alla culla Pittrice speciale
del bimbo piangente; che il suon dell’Immea
la sento cantare invita a danzare
e dopo, mentre dipinge, disegna e colora
seduta, magiche ali
la vedo imbastire. che andranno a coprire
Farfalla che vola le nuove farfalle
e si sa trasformare. che dovranno volare.
`E9 ora Farfalla che voli
Pianista e ti sai trasformare,
di grande richiamo: or pendono abiti sciolti
che punto su punto, su quelle tue ali...
Pino Durante
UNA SERA DI MAGGIO

Al vespero che brilla
hanno d’argento il manto gli eucalipti
lungo tutto il viale:
arpe d’incanto al vento.

Mare azzurro lontano,
malinconiche voci di campane
per il cielo di perla;
mormorio di ruscelli
nelle piccole valli,
un falcetto di luna dorato
sopra i colli violetti.
Così quella sera.
Tutto era quiete intorno:
una sera di maggio
con il profumo intenso
delle rose nell’aria
E il volo delle rondini festose.
Stendevan sulle siepi
dello stesso sentiero l’ombra fresca
gli altissimi eucalipti.
Non l’hai mai ricordato?

Una stretta di mano,
un tremolio di lacrime negli occhi...
un lungo abbraccio forte, appassionato,
un addio per sempre.
Qui dove più non vidi
l’impronta del tuo piede
sull’erba folta
ora la nostalgia
m’invade il cuore e la mia voce trema
al ricordo dolcissimo del bacio
che fu l’ultimo sì, ma il più caldo
di quanti ne abbia avuti
da te, nei giorni lieti.
Quanto tempo è passato?
Io poi vidi l’autunno
avvolgere di nebbia gli eucalipti
e le foglie ingiallite
mulinate dal vento
perdersi per i campi.
Così come i miei sogni,
come le mie illusioni:
piogge di stelle radianti
nelle notti incantate d’agosto
con luminose scie di ricordi.

Quante candide nevi
fecero sempre bello
il mio paese,
le campagne vicine,
i miei monti lontani,
i campanili alti delle chiese:
care visioni di serenità
allo sguardo pensoso.
Quanti canti d’uccelli a primavera
mi fu caro ascoltare,
quante splendide albe,
quanti tramonti dai colori intensi
d’allora ho contemplato
sempre pensando a te.

Nelle mie solitudini più tristi
soltanto il tuo ricordo
mi fu dolce conforto.

Ho raccolto in silenzio
i fiori variopinti,
i ranuncoli d’oro delle valli
che mi ha offerto la terra
negli aprili più belli.

Quante violette, quanti bianchi gigli
lungo i sentieri per cui sono andato
solitario e pensoso:
m’inebriai di profumi, ma ho sentito
il vuoto a me d’intorno.

Con quanta gioia avrei desiderato
offrirti un serto delle tante rose
del mio giardino!

Ma non ti ho più incontrata...

Stillarono di sangue le mie mani
se le raccolsi all’alba:
mi feriron le spine inconsciamente.
Certo, da me lontana,
i giorni che hai vissuto
avranno già sbiadito i tuoi ricordi
e per te non avrà più senso alcuno
oggi un rimpianto,
nè penserai ch’io possa aver nel cuore
una spina pungente che fa male.


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